È uno dei tre paesi della provincia di Imperia iscritto nell’elenco de “I Borghi più belli d’Italia”, titolo istituito nel 2001 per iniziativa della Consulta del Turismo dell’ANCI con lo scopo di valorizzare il fascino dei borghi minori della Penisola, che con la loro storia e le loro tradizioni concorrono a fare grande il nostro Paese.
Triora, antica sede della Podesteria genovese con funzioni di controllo della parte alta della Valle Argentina e delle strade per il Piemonte, grazie alla sua formidabile posizione strategica, oggi si caratterizza per il suo compatto centro storico che conserva importanti vestigia del suo glorioso passato. Recentemente ha visto aumentare la sua fama grazie alla riscoperta di un celebre processo per stregoneria che vi si svolse nel 1588 e che si concluse con la condanna al rogo di alcune donne.
Chiesa collegiata dell’Assunta
Sorta probabilmente su un antico luogo di culto pagano, fu costruita in origine in stile romanico a tre navate, subendo nel tempo varie trasformazioni sino ad assumere l’aspetto attuale nel XVIII secolo. Conserva al suo interno pregevoli opere d’arte a testimonianza delle sue vicende storiche e del suo antico prestigio a cominciare dal Crocifisso del primo decennio del Quattrocento e proseguendo con alcune tavole medievali come quella del Battesimo di Cristo del senese Taddeo di Bartolo datata 1397, il San Giacomo di scuola provenzale e il Compianto sul Cristo Morto di autore piemontese del XV secolo. La chiesa contiene anche la tela di Luca Cambiaso dei Santi Paolo Eremita e Antonio Abate e quella dell’Assunta di Lorenzo Gastaldi del 1680. Notevole pure un quattrocentesco Crocifisso confraternale dall’espressione di intensa sofferenza e una tavoletta lignea con il trigramma intagliato che pare, come vuole la tradizione, sia stato lasciato a Triora direttamente da San Bernardino da Siena nel 1418 in occasione di una sua predicazione in valle. Le volte della navata e del presbiterio sono opera di Siro Orsi del 1849, dipinte secondo modelli neoclassici.
Oratorio di San Giovanni Battista
Destinato alla omonima Confraternita è ubicato sulla piazza della collegiata ed è ornato in facciata da un portale datato 1694. Al suo interno è stato ricavato un piccolo museo che raccoglie numerose opere d’arte provenienti da chiese soppresse o isolate del territorio. Tra queste sono degne di menzione: la grande macchina d’altare in legno scolpito del Borgogno, e indorato dal Vaccaro nel 1690, che reca al centro una tela di Lorenzo Gastaldi con l’Imposizione del Nome al Battista (1682); la tavola con la Vergine con il Bambino e i Santi Domenico e Vincenzo Ferrer, già attribuita a Luca Cambiaso ma riportata al Gastaldi padre, che sarebbe anche l’esecutore del quadro della Trinità e le Sante Agnese e Caterina; quindi la statua lignea del Battista forse di produzione piemontese del XVII secolo. Altre opere provenienti da chiese soppresse o poco sicure di Triora sono la tavola tardo quattrocentesca di San Nicola da Tolentino, proveniente da Sant’Agostino, e l’Estasi di San Francesco dalla chiesa omonima.
Chiesa di San Dalmazzo
Sorge nella parte alta del paese in quello che fu il nucleo originario dell’antico castello dei Ventimiglia essendone forse la chiesa interna. L’aspetto attuale non conserva più nulla di quello originario.
Chiesa di Sant’Agostino
Risale al 1615 e possiede un campanile con terminazione a bulbo in mattonelle di cotto. In posizione attigua, trasformato in abitazione privata, sorge il convento già tenuto dai monaci agostiniani. La chiesa ad aula unica, con quattro altari oltre al maggiore, conserva ancora il coro con due stalli finemente intagliati mentre le opere d’arte sono ricoverate nell’Oratorio di San Giovanni Battista. Interessante la facciata che presenta ancora la decorazione originaria ad affresco con le immagini dei Santi Nicola da Tolentino, Agostino e Monica.
Chiesa di Santa Caterina
Sorge a circa un chilometro fuori dal centro storico ed è un edificio trecentesco ormai ridotto a rudere di cui si conservano parte dei muri perimetrali e la facciata con il portale in pietra nera che reca un’importante epigrafe in caratteri gotici datata 1390.
Chiesa di San Bernardino
Ubicata in posizione discosta dal paese in un luogo denso di suggestione la cappella risale probabilmente, nella sua costruzione originaria, al XII secolo, mentre il suo aspetto attuale è di tipo quattrocentesco, pur con trasformazioni successive. L’interno mostra ancora notevoli dipinti murali, come quelli dell’abside datati 21 luglio 1466, quindi il Giudizio Universale della fine del XV secolo sulla parete destra, mentre le scene della Passione di Cristo, con la grande Crocifissione della controfacciata, sono di ignoto pittore di primo Cinquecento.
Castelli
Triora grazie alla sua formidabile posizione era dotata di più castelli, come quello di San Dalmazzo, oppure quello detto più propriamente “castello” del XII-XIII secolo con torre circolare ancora visibile, e infine il “fortino” genovese trasformato nell’attuale cimitero.
La “Cabotina”
Conosciuta come la “casa delle streghe” in quanto ritenuta nei secoli scorsi luogo di convegno delle maliarde ma che, in realtà, potrebbe essere un’opera di difesa intermedia del versante orientale del borgo.
Il Museo Etnografico e della Stregoneria, raccoglie oggetti antichi che tracciano il ciclo della vita contadina nei vari aspetti, trattando anche, in chiave locale, di alcuni mestieri come mulattieri, falegnami e panettieri; vengono anche illustrati il ciclo del castagno, con tutti gli attrezzi per la raccolta e l’essiccazione, e quello del latte. Una sezione particolare tratta della stregoneria con le riproduzioni dei documenti relativi agli interrogatori delle streghe e con la rappresentazione dei supplizi inflitti con l’ausilio di manichini. Interessante è anche la sezione archeologica con l’esposizione dei ritrovamenti dell’alta valle databili tra il Neolitico (3800-3000 a.C.) e l’Età del Ferro
Triora possiede anche un consistente numero di fontane medievali, ancora abbastanza conservate nella loro forma originaria, che alimentavano il borgo murato per le esigenze sia alimentari che difensive.
A nord di Triora la valle si restringe mentre il paesaggio muta assumendo un’immagine tipicamente alpina caratterizzata dalla presenza di alte cime rocciose e pascoli in quota, gole profonde scavate dalle acque impetuose che nascono dal monte Saccarello. Il cambiamento avviene nei pressi della piccola chiesa tardo seicentesca, ma già attestata nel XV secolo, della Madonna di Loreto, sovrastante il minuscolo borgo omonimo, nei pressi del quale si sono avuti ritrovamenti di insediamenti preistorici. Qui passava il sentiero che, scendendo ripidamente verso il fiume, permetteva, oltrepassando il medievale ponte della Mauta, di risalire sulla sponda opposta per dirigersi verso il Carmo Langan, crocevia di antichi di percorsi dimenticati. Nei decenni scorsi è stato invece costruito un ponte che unisce i due lati della valle, ardita opera di ingegneria moderna, da cui si gode una vertiginosa vista sulla valle e dal quale si pratica da tempo il pericoloso sport del bungee jumping.
La strada carrozzabile, realizzata solo nel secondo dopoguerra, si inoltra nella stretta valle che, attraversando i borghi a forte caratterizzazione rurale di Bregalla e Creppo, conduce ai due centri abitati di Realdo e Verdeggia, per secoli avamposti di confine tra i domini dei Savoia e la Repubblica di Genova, separati solo dal torrente ma accomunati dall’idioma (il brigasco), singolare impasto dialettale di ligure arcaico, piemontese e occitano, nonché dalle tradizioni, dalle attività economiche e dalla gastronomia. Realdo, antico centro pastorale dipendente da Briga Marittima da cui fu staccato nel 1947 con il passaggio dell’alta valle Roia alla Francia, si caratterizza sia dal punto di vista paesaggistico, in quanto edificato su uno sperone roccioso a picco sulla valle, che per il repertorio di architettura alpina ancora intatto e di eccezionale valore in ambito ligure, cui si aggiunge la piccola chiesa con campanile cuspidato, dove si conserva l’ancona con la Madonna col Bambino e Santi, opera di Lorenzo Gastaldi (seconda metà del XVII secolo). Seguendo la strada cosiddetta dell’Amicizia, costruita in epoca recente per un gemellaggio tra il comune ora francese de La Brigue (Briga Marittima) e di Triora cui Realdo ora appartiene, si giunge a Borniga, piccolo ma suggestivo villaggio un tempo abitato da pastori e contadini, posto alla quota di 1300 metri. Da qui si prosegue, in uno scenario emozionante di prati e boschi, verso il passo di Collardente da cui si discende a Briga, antica capitale della zona, incontrando il santuario di Nostra Signora del Fontan, ove si conservano pregevoli affreschi della seconda metà del XV secolo (Maestro di Lucéram e Giovanni Canavesio).
Verdeggia invece, avamposto triorese a controllo degli itinerari verso i pascoli d’altura, fu sempre genovese e la sua struttura urbana rivela chiare origini viarie essendo allineata lungo la strada di crinale. La piccola chiesetta è situata al centro di un’architettura di tipo alpino che, come la vicina Realdo, si rivela nelle rustiche case con i lunghi ballatoi, dalle caratteristiche ringhiere in legno, appoggiati su grandi mensole di pietra intagliata.
Tra le specialità di Triora, ma anche di Realdo e Verdeggia, si citano il fragrante pane integrale, di forma tonda che viene cotto nella crusca, la caratteristica torta di patate e quindi le gustose tome di formaggio e il brusso (crema di formaggio derivato dalla fermentazione della ricotta). I vari tipi di formaggio vengono ottenuti dalla lavorazione del latte fornito dalla “pecora brigasca”, una razza ovina autoctona, particolarmente robusta e resistente al freddo, che in passato veniva sfruttata anche per la produzione della lana.